[Dall′Archivio: 23 marzo 2023]
C’è un aforisma usato in psicologia, nella formazione alla leadership e persino nell’esercito che dice: “Come fai qualsiasi cosa, è come fai ...leggi tutto
[Dall′Archivio: 23 marzo 2023]
C’è un aforisma usato in psicologia, nella formazione alla leadership e persino nell’esercito che dice: “Come fai qualsiasi cosa, è come fai tutto”. È un buon promemoria del fatto che il modo in cui ci occupiamo delle cose ordinarie, banali e apparentemente irrilevanti della vita rivela come probabilmente ci comporteremo quando affronteremo cose importanti. Non riserviamo il nostro massimo impegno per rare occasioni, ma diamo il nostro meglio in ogni occasione.
Ho coniato la mia versione di questo tipo di aforisma sul nostro ayni, i nostri scambi energetici: “Il modo in cui siamo nelle nostre relazioni con gli altri è il modo in cui siamo in relazione con l’universo vivente”.
Questa è la spiegazione che utilizzo per iniziare un corso di tre ore che chiamo “Relazioni sante”. Don Juan Nuñez del Prado ha coniato l’espressione “sante relazioni” parlando di un tipo di relazione, per quanto rara, che possiamo coltivare quando ci muoviamo con l’energia tawantin, essendo tawantin la più alta accordatura o vibrazione di sami e munay. Adoro questa frase, perché la parola “santo” deriva dalla parola inglese antico h?lig, che significa “beato”. Si riferisce anche alla parola “intero”. Una relazione tawantin, o “relazione santa”, è una relazione benedetta per il modo in cui due persone portano l’una verso l’altra la totalità di sé stesse. Ognuno di loro vive la realizzazione dei propri Semi dell’Inka all′interno dello scambio della loro relazione.
Quindi, per modificare l′aforisma di apertura: il modo in cui facciamo qualsiasi cosa in una relazione con i nostri simili è il modo in cui facciamo qualsiasi cosa in ogni relazione, inclusa la nostra relazione con la Natura, gli esseri spirituali e, soprattutto, il kawsay pacha—l′universo vivente. In questo post del blog esamineremo le nostre relazioni umane e nella seconda parte del post del mese prossimo vedremo come lo stato del nostro ayni con i nostri simili sia un buon indicatore della qualità del nostro ayni con l’universo vivente.
Ayni unisce la nostra intenzione alla nostra azione. Dall′energia generata da questa unione, alimentiamo le nostre interazioni con gli altri e con il kawsay pacha. Prima di poter veramente coltivare ayni, o almeno un′elevata vibrazione di ayni, dobbiamo coltivare il nostro munay, che è l′unione del nostro amore con la nostra volontà. Questa non è una dinamica energetica esclusivamente andina. Possiamo guardare ad altri, come Indira Gandhi, per una visione simile. Lei ha detto: “Non c’è amore dove non c’è volontà”.
Quando consideriamo la dinamica energetica munay come paqos, mettiamo in relazione munay con il nostro sonqo, il nostro cuore mistico e il centro dei nostri sentimenti, e con il nostro Seme dell’Inka, che è il centro della nostra volontà. È interessante notare che l′integrazione delle energie del nostro sonqo (amore e sentimenti) e del Seme dell’Inka (volontà) informa il nostro kanay. Kanay è la capacità umana essenziale di “conoscere sé stessi”. La parola “kanay” deriva dalla radice quechua “ka”, che significa “essere”. Kanay, tuttavia, non significa solo sapere chi sei veramente, ma anche avere il potere personale per poter vivere come sei veramente.
Paradossalmente, se riusciamo a cogliere anche il più semplice scorcio del nostro kanay, dobbiamo vederci non in isolamento, ma in relazione. Sebbene kanay sia la realizzazione del sé, non è solipsistico [NdT il soggetto è l’unica realtà; individualismo]. Implica l’impegno tra sé e gli altri e tra sé e il mondo. Kanay significa sapere come presentarsi al mondo nel modo più autentico possibile e come essere in ayni con gli altri senza proiettarsi su di loro e volere che siano chi abbiamo bisogno che siano, invece di accettarli per quello che sono veramente. Quando siamo in relazione con un′elevata vibrazione di ayni, permettiamo agli altri di aiutarci a coltivare il nostro kanay così come noi aiutiamo loro a coltivare il loro. Ancora una volta possiamo cercare fuori dalle Ande una bella interpretazione e una conferma di questa verità. Il monaco trappista Thomas Merton scrisse: “L’inizio dell’amore è lasciare che coloro che amiamo siano perfettamente sé stessi, e non distorcerli per adattarli alla nostra propria immagine. Altrimenti amiamo solo il riflesso di noi stessi che troviamo in loro”.
Anche Gloria Steinem centra perfettamente il senso di kanay quando dice: "Troppe persone cercano la persona giusta, invece di cercare di essere la persona giusta". Kanay significa avere una relazione “giusta” con noi stessi e con gli altri. Riveliamo se abbiamo o meno “ragione” dentro noi stessi e nelle nostre relazioni non solo quando siamo impegnati in interazioni coerenti con gli altri, ma in ogni interazione con chiunque: con un figlio prezioso, un amico leale, un coniuge adorante o un altro partner, un genitore premuroso e un nonno affettuoso, così come con un avversario offensivo, uno spietato concorrente in affari o un acerrimo rivale.
Con quest′ultimo gruppo, non è che dobbiamo apprezzare queste persone, o chiunque altro. Ci è permesso scegliere i nostri amici e gli altri. Tuttavia, coltiviamo ayni anche con coloro che non ci piacciono personalmente essendo nella “giusta relazione” con loro nonostante qualsiasi giudizio di valore poco caritatevole che abbiamo su di loro. In questo caso, essere nella “relazione giusta” non significa falsificare i nostri sentimenti o sopprimerli, ma piuttosto che, per lo meno, scegliamo una posizione neutrale piuttosto che agire in modi che generano imbarazzo. Idealmente, liberiamo qualsiasi giudizio morale pesante riprendendo le nostre proiezioni psicologiche, curando i nostri fattori scatenanti e trasformando i nostri pregiudizi. Avere “ragione” dentro di noi è l’antitesi dell’ipocrisia.
C′è un′enorme differenza tra scegliere di non avere una relazione con qualcuno e non avere la capacità di avere una relazione con più o meno sami con una persona. Se non abbiamo la capacità di avere una relazione relativamente “giusta” con qualcuno, perdiamo la nostra libertà perché sia scegliere sia rifiutare vanno oltre le nostre capacità. Ci manca perfino la percezione di cosa significhi essere in ayni con un altro essere umano. Don Juan Nuñez del Prado afferma che “la mancanza di percezione indica che le persone hanno eretto dei confini o hanno paura di aprire il loro poq’po alle energie in arrivo, incluso il sami. Loro diventano troppo privati o temono la vita, le relazioni, il divertimento, la crescita”.
Nella tradizione mistica andina, concentriamo il nostro lavoro in due ambiti relazionali primari: sullo sviluppo di una relazione consapevole e piena di sami con noi stessi (e il nostro Seme dell’Inka) e sull′imparare a percepire e gestire le dinamiche energetiche delle nostre relazioni con gli altri. L’hucha mikhuy, in particolare, è uno strumento energetico dedicato al miglioramento delle nostre relazioni interpersonali. Ma la formazione dell’ayllu poq’po è al centro del lavoro interpersonale. “Ayllu poq’po” significa “bolla di gruppo” o “bolla condivisa”, dove la “bolla” è il nostro corpo energetico. Quando siamo in una bolla condivisa, siamo due persone che agiscono come una cosa sola. Manteniamo la nostra individualità, ma l′energia della relazione ci porta in una connessione singolare. Come spiega don Ivan Nuñez del Prado, l’allenamento ayllu poq’po si basa sull’energia del taqe–unione. Lui e don Juan dicono che ognuno di noi deve vedere profondamente e conoscere veramente almeno un essere umano durante la propria vita. Marito, moglie, figlio, amico, mentore, collega, vicino: non importa chi sia l′altra persona. Vedendo e conoscendo il glorioso kanay e il Seme del’Inka di quella persona, troviamo più facile vedere quanto sono straordinari tutti gli altri (o hanno il potenziale per esserlo).
Quindi, essere pienamente coinvolti in questa vita umana inizia con l’essere in piena comunione con un altro essere umano, uno a uno. Questa relazione diventa, perciò, la porta attraverso la quale usciamo nel più ampio mondo umano con una modalità molto più ricca di sami. Possiamo ampliare il nostro raggio d’azione oltre la nostra zona di comfort per includere una grande, anche se vertiginosa, varietà di persone.
In definitiva, ciò che possiamo ottenere con una persona, possiamo ottenerlo con molte persone—e con l’universo vivente. Il che ci porta al punto di partenza del mio aforisma di apertura: il modo in cui ti relazioni con gli altri è il modo in cui ti relazioni con l’universo vivente. Esploreremo la nostra relazione con l′universo vivente nella Parte 2, che pubblicherò il mese prossimo. Da adesso ad allora, il nostro lavoro è portare la nostra intenzione, attenzione e percezione a noi stessi – attraverso il nostro amore e la nostra volontà, attraverso la nostra capacità di munay—e continuare a raffinare la nostra energia, così possiamo, a nostra volta, più facilmente coltivare la nostra capacità di elevare le nostre relazioni con gli altri più vicino a uno stato di “relazione santa”.
(immagine 8photo su Freepik)